Lungo le acque di Galileo

Credits: Claudia Menichini

Nell’opera di Galileo Chini, pittorica e ceramica, ricorre spesso l’acqua. È una sorgente di suggestioni che accompagna l’artista in tutto il suo percorso creativo. 

Nato a Firenze, Chini ne amava il fiume, che dipinse in molti quadri: nel suo autoritratto del 1901 si ritrae volitivo con la tavolozza piena di colori sullo sfondo del fiume, il suo fiume, che sembra scorrere verso la foce, a sancire un ideale legame fra l’Arno e il mare. 

Lavorando come ceramista alla realizzazione delle decorazioni delle Terme Tamerici a Montecatini Terme, del 1910, e delle Terme Berzieri a Salsomaggiore, del 1923, approfondisce le simbologie acquatiche che ripropone in ceramiche di grande impatto cromatico e nelle decorazioni murarie, come in quella, purtroppo scomparsa, dipinta all’interno del padiglione di vendita dei Sali Tamerici, dove giocose figure mitologiche delle acque erano raffigurate fra grandi onde spumose. 

Nella grande decorazione dello scalone d’ingresso di Salsomaggiore onde dorate tipicamente Decò fanno da sfondo a putti che si stagliano contro foglie, fiori e frutti, mentre in alto figure femminili fluttuano, con chiaro riferimento all’acqua che dà vita, da cui tutto nasce. 

Anche dalla sua esperienza in Siam Chini riporta impressioni del grande fiume che attraversa la città di Bangkok, il Chao Phraya, e dei suoi romantici canali orlati di vegetazione. Nell’Ora nostalgica sul Me-Nan raffigura con tratti divisionisti un intenso tramonto sul fiume: sullo sfondo delle tipiche abitazioni a capanna due piccole figure sembrano assorte nella contemplazione di tanta bellezza. Nel grande dipinto Canale a Bangkok, Chini fa vibrare la luce fra le foglie delle piante che quasi toccano le acque di uno dei tanti canali interni, un attimo d’incanto della vecchia città di Bangkok, mentre in un altro grande dipinto ritrae un tifone in arrivo sul mare dell’estremo oriente, con un’incredibile carica di colori, gialli, blu e viola intensi.

Il ritorno alla pittura

Dopo molti anni dedicati alle grandi decorazioni, negli anni ‘30 e ‘40 Chini riprende la pittura da cavalletto e ritrae il paesaggio intorno a sé, a Firenze e in Versilia. Dell’Arno ci restano moltissimi dipinti: lo ritrae in vari momenti della giornata e delle stagioni, e in vari punti del suo corso, in città e nelle campagne, nelle zone della Casaccia con le alberete che allora lo costeggiavano, e fino a Bocca d’Arno. Quando rientra a Firenze dallo sfollamento trova la sua città straziata dalle bombe, e nei dipinti e nei disegni in cui raffigura le sponde del fiume con i ponti distrutti il suo legame con il fiume e la città ferita diventa struggente.

Per Chini fu importante anche un altro fiume, un piccolo piccolissimo fiume: la Fossa dell’Abate, che separa oggi Viareggio e Lido di Camaiore. Allora dava il nome alla zona (l’attuale Lido), dove nel 1907 comprò una pineta accanto a quella dell’amico Plinio Nomellini. Nel 1914, al ritorno da Bangkok, costruì quella che sarebbe divenuta la sua amata Casa delle Vacanze

Chini ritrae la Fossa dell’Abate al tramonto e all’alba, ne dipinge i riflessi sull’acqua calma delle poche case e degli alberi sulla riva, ne raffigura il fulgore delle luci estive e la sottile malinconia delle luci autunnali.

Negli anni dedica molti dipinti anche alla Darsena viareggina, con il Canale Burlamacca, i chiari delle darsene in cui si riflettono le barche, le povere case, gli scafi sugli scalmi, e poi il mare “immenso come un Oceano”, come scrisse, che ferma sotto il riverbero del sole estivo o una burrasca incipiente, col cielo terso o pieno di nuvole.